Trent’anni fa la strage di via D’Amelio in cui trovarono la morte Paolo Borsellino e 5 agenti della sua scorta. Le celebrazioni disertate dalla famiglia del magistrato palermitano in segno di profondo dissenso a causa dei tanti buchi neri che contraddistinguono quella stagione che è passata alla storia come quella delle stragi di mafia e dell’attacco al cuore dello Stato. Depistaggi, collegamenti diretti fra Cosa Nostra, servizi deviati, Massoneria, un connubio di interessi che mise il Paese sull’orlo di una destabilizzazione che in realtà ebbe luogo. Su Via D’Amelio interviene Altrabenevento.
“Oggi i familiari di Paolo Borsellino hanno disertato a Palermo le ipocrite celebrazioni ufficiali per la strage di trent’anni fa. Anche a Benevento la lotta alla mafia è lotta alla corruzione, soprattutto quella politica e dei colletti bianchi, in una fase estremamente delicata che non può durare a lungo.
Trent’anni fa una bomba uccise a Palermo il magistrato Paolo Borsellino e la sua scorta. Tutti sapevano che dopo la morte di Giovanni Falcone, avvenuta 57 giorni prima, sarebbe stato colpito il suo amico e collega Borsellino che però non fu protetto adeguatamente, come ha dimostrato l’unico agente scampato alla strage. La mancata tutela, la scomparsa della agenda rossa del magistrato e i depistaggi delle indagini sono una macchia indelebile sugli apparati dello stato. Per denunciare ancora una volta questa vergogna, oggi i familiari di Borsellino non hanno partecipato alle solite manifestazioni istituzionali ed hanno invece espresso vicinanza e solidarietà a quei magistrati che non si limitano a ricordare, ipocritamente, i loro colleghi assassinati. Il mese scorso a Benevento nel corso di una coraggiosa manifestazione organizzata dalla Procura della Repubblica di Benevento, ignorata o mal sopportata da gran parte del mondo politico, Isaia Sales, docente dell’Università di Napoli, ha sottolineato che le mafie hanno avuto successo perché “è criminalità di potere che si rapporta agli altri poteri pubblici. Senza questi rapporti le mafie sarebbero semplice delinquenza e come tale già da tempo sconfitta, com’è avvenuto per tutte le altre forme delinquenziali organizzate”
Nel suo bel libro “Storia dell’Italia mafiosa”, Sales ricorda che “Negli Stati moderni nessuna forma di potere, soprattutto se violento, può affermarsi, consolidarsi, durare tanto a lungo se non è in relazione permanente con il potere ufficiale, costituito, istituzionale. …. Se le mafie, quindi, durano da due secoli, ciò vuol dire che esse non hanno rappresentato un potere alternativo e contrapposto a quello ufficiale, ma un potere relazionato con esso”.
Quindi, la lotta alla mafia è lotta alla corruzione anche nella “tranquilla” Benevento che annuncia di volersi difendere da “infiltrazioni” e che invece , come ricorda il Procuratore della Repubblica, Aldo Policastro, fa sentire distintamente il “fastidio” per le indagini che riguardano la corruzione.
Proprio l’isolamento di chi vuole ancora indagare fino in fondo e le disattenzioni della stampa legata al potere politico, favoriscono il consolidarsi di rapporti e relazioni funzionali al riciclaggio di denaro sporco e alla rapina di risorse pubbliche che stanno cambiando irrimediabilmente l’economia della città, la cultura e la vita civile.
Per questo motivo la lotta alla ipocrita gestione clientelare del potere che non potrà a lungo coprire il malaffare e le collusioni con le mafie con la cortina fumogena dei vari addetti alla “comunicazione”, deve impegnare tutte le forze sane della città. Senza reticenze o compromessi.”