“Secondo le proposte della nuova PAC, la Politica Agricola Comune che entrerà in vigore il prossimo gennaio 2023, in base ai piani nazionali in questo momento in fase di negoziazione, le aziende agricole di dimensioni superiori a 10 ettari dovrebbero lasciare almeno il 4% dei loro terreni incolti e restituirli alla natura. L’incolto, però, come unica soluzione per tutelare la biodiversità non è sufficiente. L’auspicio è di avere meno terre incolte, ma anche contestuale strategia personalizzata alla tutela della biodiversità dell’intero sistema agricolo”. E’ quanto scrive in una nota Carmine Nardone, presidente di Futuridea.
“L’incolto, solo di natura quantitativa, non è una garanzia di efficacia per la tutela della biodiversità per le seguenti ragioni: la biodiversità vegetale necessita di puntuali monitoraggi territoriali con calcolo di indici importanti, come quello di Shannon sull’equa partizione delle specie, da utilizzare come base per soluzioni personalizzate per la tutela della biodiversità. Per questo è necessario elaborare ‘le carte della naturalità’, almeno su base regionale, per calcolare gli indici della biodiversità e mettere a punto strategie personalizzate (bordure vegetali, aie, macchie di campo, alberate e spazi forestali); la tutela della biodiversità deve riguardare anche l’agricoltura intensiva, promuovendo per ogni coltura specializzata una cornice di “parenti selvatici” a seconda della storia territoriale e degli indici della biodiversità. Non terre incolte ma macchie di campo, vere isole delle biodiversità personalizzate agli obiettivi di tutela dei sistemi ecologici;per la mancanza, nella strategia delle terre incolte, di riferimenti alla specificità delle piante a rischio di estinzione (vedi Red-List); RED List, ovvero la Lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, è stata istituita nel 1948 e rappresenta il più ampio database di informazioni sullo stato di conservazione delle specie animali e vegetali di tutto il globo terrestre. I centri forestali potrebbero arricchire la loro produzione con la promozione vivaistica dei cosiddetti “ parenti selvatici “ delle diverse specie frutticole a rischio di estinzione sulla base di elenchi forniti dai centri di ricerca, in primo luogo dal CREA o da liste internazionali come appunto la RED list.
Ed ecco la proposta di Futuridea su come tutelare la biodiversità, rafforzando al tempo stesso la produttività di un qualsiasi ecosistema non circoscritto all’incolto: per le specie frutticole è necessario rinnovare i vivai forestali accrescendo la produzione di talee di piante a rischio di estinzione; lanciare una campagna di adozione delle piante a rischio attraverso anche l’uso dei canali social e delle app di riconoscimento e identificazione delle piante.
Rivolgiamo – aggiunge Nardone – un appello al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Stefano Patuanelli, affinchè predisponga un provvedimento per il superamento delle criticità burocratiche che rendono difficile e lenta la messa a coltura delle terre incolte, definendo contestualmente una strategia nazionale di tutela delle biodiversità, con la produzione di una carta della naturalità dei territori e con la promozione di strategie di tutela personalizzate alle specificità locali.
Rivolgiamo anche un appello ai sindaci ad attivare il monitoraggio, a mezzo satellite, delle terre incolte o sottoutilizzate visto che in Italia ci sono circa tre milioni e mezzo di ettari di terre incolte di proprietà pubblica e in parte di proprietari ‘assenteisti’. In UE le aziende con più di 100 ettari sono il 3 per cento ma occupano il 52,7 della SAU (superficie agraria utilizzata).
Meno fondi pubblici dunque alle rendite agrarie e più investimenti per i bio- territori intelligenti”