I prezzi di ristoranti, pizzerie, bar, pasticcerie, gelaterie, prodotti di gastronomia e rosticceria, aumentano nel mese di luglio anche se i divari tra le città sono meno consistenti rispetto agli alberghi. A fronte di un’inflazione annua
pari, per l’Italia, al 2%, lo scarto tra la città più virtuosa e la più cattiva è pari a 7,7 punti percentuali. A rilevarlo è l’Unione Nazionale Consumatori che ha condotto, uno studio in esclusiva per l’Adnkronos, stilando la classifica completa delle città con i maggiori rincari o ribassi per quanto riguarda i servizi di alloggio e di ristorazione, elaborando i dati Istat dell’inflazione di luglio.
A vincere la non gratificante classifica è Rovigo, dove i ristoranti rincarano rispetto a un anno prima del 7,3%. Al secondo posto Treviso, con +5,3%, e al terzo Benevento, +5,1%. Seguono Bari (+4,3%), al quinto posto Reggio Emilia con un’inflazione doppia rispetto alla media italiana (+4%), poi Trapani (+3,9%), Brescia e Macerata (+3,6%
entrambe), Pescara, Avellino e Potenza (+3% tutte e tre). La città più risparmiosa, l’unica rimasta ancora in deflazione, è Bergamo, con una flessione dello 0,4%. Seguono Torino e Verona con +0,7%, e Teramo con +0,8%. Considerando le regioni, al primo posto la Puglia, con +3,6%, al secondo la Basilicata con +2,9% e, medaglia di
bronzo, il Trentino Alto Adige, con +2,6%. I minori rialzi per Molise e Valle d’Aosta (+1,1% per ambedue) e Lazio (+1,2%