I 60 anni del Pibe. Il 30 ottobre del 1960 è una data importante. Nasceva a Lanus, sobborgo poverissimo di Buenos Aires, Diego Armando Maradona, il più grande. Di mlui si è detto e scritto tutto, forse troppo, ma a fare giustizia delle tante cose dette sul suo conto restano i fotogrammi della sua arte calcistica che nessuna fede avversaria ha mai potuto e voluto mettere in discussione. El nino de oro e la sua pelota, quella pelota o eupalla, come ebbe a definirla il Vate Brera per cui Dieguito ha speso l’intera sua esistenza. Baricentro basso, un meccanismo creato apposta dagli dei del calcio per giocare a pallone, una simbiosi assoluta.
Baires, Barcellona, Napoli, tre città una sola passione ma è solo a Napoli che Diego diventa re assoluto, salvatore della patria, quasi una divinità. Un bar ai Tribunali conserva a mo di reliquia un suo capello, una gigantografia lo ritrae superbo. Una città che non lo ha mai dimenticato, Maradona vive nell’immaginario collettivo del riscatto di un popolo sornione ma mai vincente, abituato a convivere con quel senso di precario e di effimero che nu gol e Maradona riusciva ad esorcizzare suqgliann o sang rint e vene, come recitava un film di De Crescenzo. E poi i gol più di 100 in maglia azzurra, un campionario di magie e di balistica che da queste parti non vedremo mai più. Ha vinto un mondioale da solo con Cuciuffo e Giusti, Brown e Ruggieri, con Pumpido in pporta e il solo Valdano a reggergli da lontano la scena. Ha vinto da solo col gol del siglo, una lunga cavalcata nell’erba dell’Azteca contro la Inglaterra del sangue delle Malvinas che i Generali aguzzini vollero per salvare il loro potere feroce. Maradona è megl e Pelè, ora e sempre.