In soli sei mesi la pasta conquista le tavole di tutto il mondo e registra un incremento dell’export che si attesta attorno al 25%. In Francia, Germania, UK e USA il lockdown ha sancito il boom di spaghetti e pasta tipica italiana. Secondo le analisi statistiche elaborate dall’Unione Italiana Food, sui dati Istat, crescite superiori al 40% si sono registrate verso il Canada, l’Australia e la Romania, del +30% verso Regno Unito, Paesi Bassi, Arabia Saudita e superiori al 60% per Hong-Kong, Ucraina e Irlanda. Altri mercati importanti come Francia, Cina e Corea del Sud registrano crescite di oltre il 20%. A confermarlo è anche la ricerca internazionale commissionata dall’Unione Italiana Food e dall’ICE, in occasione della ventiduesima edizione del World Pasta Day. Riguardo la tipologia del prodotto, il nostro Paese preferisce la pasta corta ma rigata, inglesi e americani invece, quella lunga. I tedeschi la mangiano fresca, mentre i francesi prediligono quella corta e liscia. Sulla qualità non si accettano scuse e quella italiana detiene il primato con il 72% di consumo da parte delle famiglie inglesi. “È un prodotto versatile in grado di unirsi agli ingredienti tradizionali di ogni cucina del mondo — dichiara Paolo Barilla, Presidente di IPO – International Pasta Organisation — potendo aggiungere a qualunque piatto il sapore e i benefici della Dieta Mediterranea”. Nonostante il crollo verticale dei consumi fuori casa, sul mercato domestico il saldo a fine anno potrebbe essere positivo, intorno al 15%, grazie ai consumi domestici. Considerate le tendenze di quest’anno, e le problematiche della pandemia, non è escluso che la domanda di pasta continui a crescere anche l’anno prossimo, mettendo alla prova l’industria alimentare che si sta già attrezzando con la semina di grano duro. Notizie estremamente positive per questo prodotto dell’industria alimentare italiana che è il primo produttore mondiale con 3,5 milioni di tonnellate nel 2019 (+4% su 2018) e il maggiore esportatore: il 60% della produzione nazionale infatti finisce all’estero, il che vuol dire che tre piatti di pasta su quattro mangiati in Europa sono italiani, uno ogni quattro a livello globale. E proprio le esportazioni di quest’anno sono destinate a chiudere il 2020 con un incremento a doppia cifra: “Togliendo i primi tre mesi dell’anno in cui l’export non ha avuto delle grandi ripercussioni, e considerando che forse nei prossimi mesi ci sarà ancora un assestamento direi che comunque l’export dovrebbe andare in doppia cifra come valori e potrebbe raggiungere anche il 20% di aumento, ha osservato Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani di Unione Italiana Food.
Secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, nel 2020 circa 71 milioni di persone saranno spinte verso la povertà assoluta, il primo aumento della povertà globale dal 1998. E la perdita di reddito e protezione sociale mette a rischio povertà fasce di popolazione ancora più ampie. In Italia, gli effetti sociali della pandemia colpiranno circa 1 milione di famiglie, che, secondo l’Istat, vanno ad aggiungersi a 5 milioni di famiglie che già vivono in condizioni di povertà assoluta o relativa. La pasta rilancia la sua candidatura ad alimento utile per aiutare in modo sano e sostenibile un Pianeta sempre più povero e affamato. “Dopo cinquanta anni di lavoro con gli industriali pastai italiani, europei ed a livello internazionale posso affermare con assoluta convinzione che la pasta è stata e continuerà ad essere la regina della tavola”, afferma Raffaello Ragaglini, Segretario Generale dell’International Pasta Organisation e Segretario Generale Onorario dell’Unione delle Associazioni degli Industriali Pastai Europei (UNAFPA). Sostanzialmente, la pasta è il prodotto che meglio interpreta una cultura alimentare salutare, sicura, consapevole e attenta alle tematiche della sostenibilità ambientale. Passione, tradizione, condivisione, qualità, salute e sostenibilità sono i pilastri simbolici dietro la cultura e l’idea stessa della pasta.