L’impatto della pandemia sanitaria e della crisi economica ha in parte riscritto le logiche commerciali e di export legate alla produzione, vendita e promozione dell’olio di oliva all’estero. Calano i prezzi, con riduzioni per gli extravergini anche del 44% nel primo trimestre del 2020, vale a dire 3,1 euro al chilo a fronte dei 5,61 euro del primo trimestre del 2019, posizionandosi sul dato più basso dal 2014 a oggi. I dati elaborati dall’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare mostrano una situazione economica, legata all’olio, molto particolare e alcuni fattori di diversificazione commerciale.
I paesi del Nord Europa stanno vivendo riduzioni particolarmente importanti e in alcuni casi hanno portato quasi all’azzeramento dei volumi, mentre gli incrementi sono tutti concentrati nelle regioni meridionali, alcune delle quali hanno raddoppiato o triplicato gli scarsi volumi della campagna scorsa. Nonostante la minore disponibilità di olio a livello mondiale, i listini internazionali rimangono depressi avendo scorte ancora piuttosto abbondanti con innumerevoli quantità di prodotto iberico.
Questa riduzione dei listini in Italia e all’estero, ribadisce Ismea, ha permesso alle aziende imbottigliatrici di comprare a prezzi convenienti tanto che, con la crisi sanitaria in corso, non sembrano esserci al momento particolari problemi di approvvigionamenti.
L’Italia gioca un ruolo fondamentale sul fronte delle esportazioni con il secondo posto nella graduatoria mondiale dietro la Spagna.
A uscire dai confini internazionali sono state 333 mila tonnellate di prodotto, per un incasso totale di 1,48 milioni di euro (-6%). Il saldo della bilancia commerciale, pur rimanendo negativo, con un disavanzo di 165 milioni, è risultato comunque migliore dell’anno precedente quando si era attestato a 386 milioni. La maggior richiesta dell’Italia si è distribuita soprattutto su Grecia e Tunisia, mentre è diminuita in Spagna (dove la produzione 2017 non è stata particolarmente abbondante). Da sottolineare, tuttavia, che il Paese iberico, con 324 mila tonnellate e 955 milioni di euro risponde al 59% della domanda italiana all’estero.
Spostando l’analisi sulle destinazioni italiane, si deve sottolineare la decisa riduzione delle consegne negli Stati Uniti, principale mercato per l’export italiano. Risultato negativo per l’Italia anche in Germania, Francia e Cina mentre sono cresciute in modo significativo le esportazioni in Canada e Regno Unito. Bene anche in Giappone. Considerazioni economiche e commerciali che aiutano a comprendere l’importanza di ratificare gli accordi internazionali di libero scambio come fatto con il Giappone e come dovrebbe esserci anche con il Ceta, l’accordo con il Canada che apre ai mercati del Nord America. Analisi e dati economici che possono essere da stimolo anche per sviluppare meglio la comunicazione e la promozione commerciale dell’olio in contesti geografici dove il prodotto è ricercato, consumato e apprezzato.