“L’Italia sta vivendo, a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus, la più grande crisi sociale ed economica dal dopoguerra a oggi. In tale difficile momento sento forte la necessità di ringraziare tutti gli appartenenti alle professioni sanitarie che, tra mille difficoltà, continuano incessantemente a operare rischiando la propria vita per salvaguardare quella altrui. E’ questa una doverosa premessa dalla quale non potevo sottrarmi. Ciò detto mi preme evidenziare il grande lavoro che la nostra categoria sta svolgendo in questa fase emergenziale i cui effetti si riverberano, in modo tangibile, sul tessuto economico e produttivo del nostro paese. Negli ultimi mesi i Consulenti del lavoro sono stati impegnati, ininterrottamente, per attivare tutti gli iter procedurali atti a garantire, ai dipendenti delle aziende in crisi, la fruizione degli ammortizzatori sociali nelle loro varie declinazioni. Chiaro è l’obiettivo perseguito: ridurre l’impatto della crisi sui lavoratori dipendenti applicando le nostre competenze nella ricerca di soluzioni concordate che possano consentire alle imprese di attraversare questo difficile periodo, per poi entrare nell’auspicata fase di ripresa economica. Tale ragionamento si riflette, evidentemente, anche sulla tenuta dei livelli occupazionali e reddituali dei lavoratori dipendenti. A tal proposito è opportuno rimarcare i dati emersi dal nuovo studio elaborato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, sulla base dei dati Istat – Indagine sulle Forze Lavoro. Da tale indagine emerge un quadro che risulta essere molto differenziato anche da un punto di vista territoriale: con un “taglio” medio della busta paga che va dal 37% al Nord (pari a circa 512 euro) al 36% del Centro (469 euro in meno), per arrivare poi al Sud con una perdita pari al 33% (396 euro). L’analisi conferma dunque la criticità dell’attuale situazione economica, in cui si trovano tanti lavoratori dipendenti che, stando agli ultimi dati Inps diffusi il 27 aprile 2020, sono circa 7,3 milioni. Questi lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali (Cig e assegno ordinario), dopo aver atteso a lungo per avere il sostegno al reddito, finiranno per percepire un assegno di molto inferiore alla propria retribuzione netta. Si tratta di una decurtazione che interesserà tutti, anche quei redditi da lavoro già bassi, cui saranno chiesti ulteriori sacrifici e che, prevedibilmente, non avranno neanche dei risparmi sufficienti per sopperire alle mancate entrate. Anche le misure temporanee di sostegno alla liquidità delle imprese presentano più ombre che luci. Un esempio per tutti è quello dell’accesso ai finanziamenti pari ad almeno 25.000 euro. A tal proposito bisogna chiarire che tale aiuto economico non sarà concesso a tutte le PMI, poiché l’importo del prestito non potrà superare il 25 per cento dei ricavi dell’impresa (risultanti dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della richiesta di garanzia). Pertanto solo chi ha ricavi pari ad almeno 100mila euro potrà ottenere il finanziamento di 25mila euro; i soggetti più deboli, con ricavi più bassi, potranno accedere a finanziamenti di fatto insufficienti al loro sostentamento finanziario. Probabilmente sarebbe più equo prevedere per tutte le PMI una soglia minima di concessione del credito pari a 15.000 euro senza tener conto della soglia dei ricavi mentre, per accedere a importi superiori, applicare il criterio della percentuale di ricavi pari al 25 per cento. Allo stesso modo, in merito alla sospensione degli adempimenti tributari e contributivi, sarebbe ragionevole prevedere il pagamento d’imposte e contributi in ventiquattro rate a decorrere dal mese di gennaio 2021. Quanto detto è frutto di riflessioni in merito all’attuale contesto ma, al di la di ciò, la possibilità di far ripartire realmente l’economia del nostro paese, appare indissolubilmente legata ai tempi e alle modalità di utilizzo delle misure che l’UE metterà concretamente in campo”.