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Covid-19: la riflessione di un cittadino di Ariano Irpino: “Può la vita di una donna, di un uomo, passare inosservata, veloce, tra le caselle di una tabella Excel?”

Covid-19: la riflessione di un cittadino di Ariano Irpino: “Può la vita di una donna, di un uomo, passare inosservata, veloce, tra le caselle di una tabella Excel?”

19 Marzo 2020 | by Alberto Tranfa
Covid-19: la riflessione di un cittadino di Ariano Irpino: “Può la vita di una donna, di un uomo, passare inosservata, veloce, tra le caselle di una tabella Excel?”
Attualità
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Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di un cittadino di Ariano Irpino.

Sono giorni, ormai settimane, che puntualmente , in uno strano e surreale tempismo con il tramonto, sento ripetere in continuazione, con parole vuote, fredde da far rabbrividire, che sono decedute un numero “X” di persone, morte “ anche per coronavirus”, quasi a giustificare quel decesso, a volerci forse convincere che la morte per loro era inevitabile, quasi scontata, a voler inspiegabilmente legittimare l’atto più atroce con cui un essere umano si trova, prima o poi, a dover fare i conti. Ma è così scontata una morte? E’ così effimero il valore della vita di un essere umano? Può la vita di una donna, di un uomo, passare inosservata, veloce, tra le caselle di una tabella Excel, tra le colonne di un grafico a barre, tra le parole di un uomo che, forse si esausto, annuncia il suo bollettino di guerra quotidiano e, “caronte”, traghetta queste anime verso il nulla eterno, accomunandole tutte a statistiche vuote, percentuali matematiche, curve di mortalità, dimenticandosi dell’uomo, della donna, della vita, quella che li accomuna davvero, spezzata all’improvviso, tra i reparti di un ospedale, che non è casa, non è famiglia. Dentro queste bare, ci sono vite, ci sono nonni e nonne, ci sono padri e madri, ci sono persone, che quotidianamente lottavano come leoni per tenersi aggrappati alla vita, che ogni giorno, con immenso sacrificio e dedizione, cercavano di sopraffare la morte, reggendo l’urto del dolore, prendendolo di petto, quasi a dire che non era il momento, che era ancora tempo di esistere. In queste bare ci sono vite che urlavano di voler vivere, che avevano imparato a convivere con il dolore, e, strenuamente, cercavano di combattere ogni giorno la battaglia di una guerra che magari li avrebbe visti vinti, magari vincitori. In queste bare ci sono nonni, che seppur avanti con l’età, avrebbero preferito l’affetto dei propri cari che un letto di terapia intensiva, avrebbero preferito lottare ancora per quella vita, che con immensi sacrifici avevano reso più vita, combattendo ogni giorno per il benessere dei propri figli, dei propri nipoti. Nonni e nonne che resistevano allo “scalfirsi” del proprio tempo, all’amara solitudine che in questi giorni, purtroppo, stavano vivendo. In queste bare ci sono uomini, donne, amici, conoscenti che hanno cercato di vincere per giorni una malattia invisibile ai loro occhi, senza aver avuto la possibilità di salutare chi avevano sentito solo qualche giorno prima al telefono, visto per l’ultima volta dal vetro di un’ambulanza che, veloce, si allontanava da casa. In quelle bare ci sono medici, infermieri e tutti coloro che in questi giorni stanno combattendo, con invidiabile coraggio, audace determinazione, rara abnegazione, senza conoscere la stanchezza, la fatica, in una battaglia a tu per tu con la morte, quasi a ricordagli che “non è tempo”, che deve andar via da quelle corsie, che è ancora il momento di lottare, di sperare, di vivere. In quelle bare ci siamo noi, e il nostro riscoperto amore per il “jogging”, le passeggiate e i “pic-nic” a cui non possiamo fare a meno, c’è l’egoismo dei nostri giorni, l’assenza di senso civico e di amore per la vita, che rapida si smaterializza e corre via, in una triste notte di Marzo, sulla provinciale di Bergamo, deserta, nello straziante silenzio di uomini e donne che non ci sono più, genitori e nonni che non potremo più riabbracciare. No, non sono solo statistiche vuote, percentuali matematiche, curve di mortalità. No, non sono solo “morti anche di Coronavirus”. Gianmarco Lo Conte (Ariano Irpino)

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