L’emergenza coronavirus e i continui decreti del Governo che punta a limitare sempre più la libera circolazione dei cittadini per ridurre le occasioni di contagio hanno convinto molti commercianti di Avellino a chiudere la propria attività. Troppo scarsi gli incassi per tenere aperti bar, locali, ristoranti e negozi di abbigliamento, dovendo pagare anche il personale che, in alcuni casi, è stato messo in ferie, e in altri sospeso in attesa di aiuti concreti e ammortizzatori sociali dallo stato.
E così, al di là di quanti hanno l’obbligo di abbassare la saracinesca alle 18, ecco un esercito di attività chiuse volontariamente nel capoluogo irpino al tempo del covid-19. Una misura estrema che va incontro proprio alla linea dettata dalle istituzioni nazionali e regionali, per limitare i contatti tra le persone.
Non bisogna andare lontano per verificare che la scelta che in principio era di uno sparuto gruppo di investitori, ora è stata assunta da moltissimi commercianti che hanno annunciato la loro decisione alla clientela con tanto di cartello nelle loro vetrine. Una situazione desolante, specie se si pensa che questa soluzione è stata adottata proprio da i negozi, i bar e i ristoranti tra i più conosciuti e frequentati del centro urbano cittadino. Molti di questi si trovano tra corso Vittorio Emanuele e corso Europa. Altri a ridosso di piazza Libertà e del centro storico. Per tutti a prevalso la tutela della propria e dell’altrui salute, in una fase in cui, per ovvie ragioni a volte mantenere il proprio esercizio commerciale aperto non basta neanche a coprire le spese.
A tale proposito la Confcommercio ha chiesto ufficialmente l’estensione cassa integrazione in deroga con accesso immediato, la sospensione delle utenze, dei mutui e dei canoni di locazione. Oltre ad aver già sollecitato, nelle aziende dove è possibile, di utilizzare lo smart working.
Speriamo solo che questa situazione passi presto.