I beni confiscati alla camorra. Argomento che suscita sempre un certo clamore anche nelle realtà sedicenti serene come quella beneventana. Che serena non è e i fatti delle ultime settimane lo stanno chiaramente a dimostrare. Le indagini della DDA ci restituiscono una cifra criminale poderosa anche nella cosiddetta “oasi felice” di Benevento, le commistioni, più o meno acclarate, tra pezzi di società civile impegnata in politca e clan sono emerse attraverso intercettazioni telefoniche quanto meno imbarazzanti e fonte anche di interrogazione parlamentare. Insomma, un quadro a tinte fosche nel quale trova cittadinanza la riluttanza delle istituzioni a farsi carico di quei beni appartenuti alla organzzazioni criminali. Come l’ex cementificio di contrada Olivola, che l’Amministrazione Mastella decise di sfruttare per metterci la sede amministrativa di Asia per poi ripensarci adducendo la risibile giuistificfazione della distruzione teppistica di quel bene.
La posizione ondivaga non piacque alla Procura della Repubblica e al Procuratore Policastro in particolare che non ebbe problemi a ribadirlo a più riprese. E non ne ha nemmeno oggi, a distanza di un paio d’anni da quei giorni. Policastro allarga il discorso e ne fa una questione di civiltà nella corale lotta al malaffare