Questa mattina il vescovo di Avellino, Mons. Arturo Aiello, ha fatto visita al ragazzo di 14 anni che domenica scorsa si è lanciato nel vuoto dal Ponte della Ferriera, cercando di togliersi la vita, e che è ricoverato all’ospedale “Moscati” di Avellino. Questo il testo del suo messaggio che ha voluto dedicargli.
Ce la farai, A.? Devi farcela! Puoi farcela! Ti gridiamo in tanti dai nostri spalti di vita mentre ti vediamo combattere con la morte. Un’ora fa ero davanti al tuo letto in terapia intensiva del nostro Ospedale “Moscati” per darti una carezza, per fare una preghiera, per dirti che faccio il tifo per te perché torni a vivere e giocare, andare a scuola, uscire con gli amici, guardare al futuro con speranza. Poco prima ero sommerso da bambini piccoli in braccia ai genitori, pianti, sorrisi, foto scattate al cellulare, palloncini colorati e infermieri vestiti da clown.
Tu non lo sai, ma oggi è la giornata mondiale dei bambini nati prematuri, quelli che avevano fretta di nascere ed hanno messo in allarme genitori, ostetriche, medici, infermieri, e, con poche centinaia di grammi, hanno rivoluzionato il reparto prematurità della grande Azienda Ospedaliera “Moscati”. Erano a rischio, ma hanno lottato come gladiatori arrampicandosi su pareti scoscese mentre il vuoto li attirava come è accaduto a te una settimana fa.
Sono degli eroi che hanno scommesso tutto e lottato per vivere, per respirare, per nutrirsi, per dire al mondo “Ci sono anch’io!”. Sono dei maestri per noi adulti che ci scoraggiamo per niente e ci lasciamo cadere le braccia. Sai, A., la vita è bella, ma è difficile, forse bella proprio perché difficile, conquistata palmo per palmo come per scalatori che affrontano una parete a mani nude, ma che meraviglia quando si giunge in vetta! La tua rinuncia alla vita, per fortuna non andata a buon esito, ci interpella, A., interpella noi adulti che non sappiamo insegnare ai giovani la gioia di vivere, che vi tradiamo quando vi risparmiamo l’allenamento a superare gli ostacoli, quando vi offriamo il risultato di un problema che invece va conquistato con tanto sudore e alla fine di molti tentativi.
A., il tuo gesto ha messo in ginocchio il tuo Vescovo non solo per la preghiera, ma anche nell’atteggiamento del perdente perché il rigetto della vita pone in serio esame la Chiesa che indegnamente rappresento, ma anche tutte le istituzioni educative che hanno il dovere di insegnare, oltre ogni cosa, il rispetto e il valore della vita. I bambini nati prematuri che facevano festa con i loro genitori a pochi metri dal tuo reparto, vincitori di una gara difficile, ce l’hanno fatta grazie ai loro genitori, al team di medici e infermieri che hanno fatto il tifo per loro, essi hanno sentito i loro desideri, le loro preghiere, il loro muto grido di incoraggiamento. Ora è il tuo turno, A., tu devi risalire il buco nero del limite, per cacciare fuori il fiato, come dopo un esercizio sportivo impegnativo, come dopo aver segnato un goal. Ho incontrato tua madre e le ho detto che dovevamo, con suo marito, con tuo fratello, con i tuoi amici, con tante persone di buona volontà, fare un grande coro da stadio per incoraggiare il tuo sforzo gridando tutti: “A., tu puoi farcela!”. “Guarda che fuori piove! Guarda che bel rumore”, A.! È vita anche la pioggia e gli alberi che si spogliano indossando il vestito più bello. È vita anche il Natale che aspettiamo e che prepariamo con tanta cura. È vita l’innamorarti di una bella ragazza, essere corrisposto, il primo bacio, il primo abbraccio. È vita la festa dei tuoi diciotto anni, le vacanze della prossima estate, un gelato sul corso, una partita di pallone, un’uscita con gli amici.
Non giocare con la morte, A., torna a giocare con la vita che è “zucchero e sale” e, oltre le tristezze, prepara grandi gioie. A., mi senti? Ci senti? Siamo in tanti, genitori, parenti, amici, compagni di scuola, pensa che con me c’era anche il Direttore Generale dell’Ospedale, il Sindaco di Avellino, i Cappellani, i medici che ti monitorano giorno e notte e attendono che tu riapra gli occhi per un grande applauso alla vita. Tira fuori le unghie, A., “Cristo è vivo e vuole che noi siamo vivi!”, lo ha scritto Papa Francesco che è argentino come te e ama i giovani, tutti, anche quelli che hanno mancato qualche colpo, ma ora ce la mettono tutta e risalgono la china con grinta. A., fuori piove, ma è bello anche così, perché è vita. Viva la vita!