È il giorno dell’ultima chiamata ufficiale ai sindaci irpini prima dell’assemblea dei soci dell’Ato Calore in programma per il 14 dicembre. L’appello finale l’amministratore unico Michelangelo Ciarcia se lo gioca a Palazzo Caracciolo dove, alle 10 di questa mattina, si riuniranno i primi cittadini e i loro delegati per ascoltare, ancora una volta, le ragioni per votare l’aumento di capitale della partecipata di corso Europa. Un passaggio propedeutico al piano di risanamento firmato dal professore Stefano Pozzoli ma anche per mettere al sicuro la società da un possibile fallimento prima dell’avvio degli interventi sulle reti idriche finanziati dalla Regione Campania per 60 milioni di euro. Senza contare l’importanza di una ricapitalizzazione per non far crollare il prezzo delle azioni a fronte di una sempre più probabile vendita sul mercato di una quota della spa.
“Non credo sia giusto essere lasciato solo di fronte ad una situazione del genere – afferma il manager di Acs – la politica deve dire la sua su questo percorso che potrebbe condurre ad una svolta storica: l’ingresso di un privato. Per questo ho invitato anche parlamentari, consiglieri regionali e referenti di partito. Io personalmente sono per il pubblico ma mi rendo conto delle difficoltà dei Comuni. Per cui bisogna essere pronti anche a questa evenienza”.
Anche il presidente della Provincia, Domenico Biancardi, non si è ancora espresso in merito e l’assemblea dei soci si avvicina sempre più. Non senza ulteriori problematiche. “Pochi giorni fa – riprende Ciarcia – l’ormai ex sindaco di Avellino, Vincenzo Ciampi, mi ha inviato una richiesta di convocazione che, tra le altre cose, comprende anche la messa ai voti di un’azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci dell’Alto Calore dal 2004 ad oggi. Se questa istanza passasse, secondo lo statuto, chi è sottoposto a indagine deve dimettersi. Ciò creerebbe un vuoto amministrativo perché, sostanzialmente, colpirebbe me, che sono al vertice da 4 mesi, e chi mi ha sostituito alla presidenza del Collegio dei revisori, che prima ne era membro. Tra l’altro, nell’ambito dell’inchiesta della Corte dei Conti la posizione del mio predecessore, Lello De Stefano, è stata stralciata dal procedimento, appurando la sua estraneità ai fatti indagati e la mia non è stata presa proprio in considerazione. Dunque, solo una coda di veleni innescata grazie alla quota del 10,37% del Comune di Avellino, sufficiente a chiedere un’assemblea. Peraltro, l’approvazione della proposta necessita solo del consenso del 20% dei soci”.
Dunque, all’ordine del giorno dell’assemblea Acs, insieme all’aumento di capitale e alle modifiche dello statuto, ci sarà anche questo delicatissimo punto.
Intanto Ciarcia pare aver incassato un sostanziale appoggio dal Sannio. Lì, però, l’insidia è un’altra: il passaggio di alcuni dei 196 Comuni dell’ambito con Gesesa. Il gestore locale, infatti, per il rinnovo delle sue convenzioni, in scadenza nel 2019, deve raggiungere il 25% delle utenze.