“I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”. E’ la parte finale del bollettino numero 1268 del 4 Novembre 1918, noto come bollettino della Vittoria firmato dal Maresciallo Armando Diaz, napoletano, e che sancì la definitiva sconfitta austroungarica e la redenzione di Trieste e Trento. Come ogni anno in tutta Italia si celebra la vittoria e l’unità nazionale. A Benevento, per la tradizionale deposizione della corona d’alloro, erano prsenti le autorità civili religiose e mliatri dell’intera provincia. Un memoriale che ha da sempre diviso gli italiani tra chi ne esalta il valore estremamente patriottico a destra e chi ne rimarca il numero ingente di vittime, 650mila, in una guerra, come tutte dalla Guerra dei Trent’Anni in avanti, intraprese da capitalismi a confronto, autentiche mattanze per proletariato e sottoproletariato. Il sacrificio di una intera generazione, i ragazzi del 99, è però, forse, l’unica cosa da rispettare con estrema deferenza. La tromba del silenzio per i tanti morti che nel segno del “pro patria mori” oraziano si immolarono in una tragedia senza pari, per molti versi più brutale dell’altro conflitto che nemmeno vent’anni dopo tornò ad insanguinare il mondo.