“No al Biodigestore, sì al Greco di Tufo”. Dal comitato di coordinamento della protesta contro l’impianto di compostaggio di Chianche arriva l’ennesimo appello ai sindaci dell’area del pregiatissimo bianco docg a rimanere compatti. Questa la nota diffusa.
“Il Sindaco di Chianche Carlo Grillo il 12 settembre 2018 ha trasmesso ai Sindaci dei comuni ricadenti nelle areali irpine a D.O.C.G. irpine una lettera attraverso la quale chiede l’adesione a un fantomatico “…Distretto biologico” “ …al fine di produrre compost di qualità per la produzione e la riconversione dei vigneti…” . L’iniziativa, esposta in modo a dir poco confusa e demagogica ha chiaramente l’unica finalità di tentare di uscire dal progressivo isolamento in cui la sua reiterata intraprendenza rodomontesca lo sta relegando, cercando nuovi accrediti per confermare la scelta scellerata di introdurre la filiera dei rifiuti nell’areale D.O.C.G del “Greco di Tufo” di cui il suo comune è parte integrante.
Innanzitutto vorremmo chiarire ai Sindaci interessati dalla comunicazione che il Comune di Chianche pur richiamandosi ai poteri di trasferimento riconosciuti agli ATO dalla legge regionale n. 1472016, non ha mai fatto riferimento all’Ambito Territoriale Ottimale Rifiuti territorialmente competente, né al momento della sua solitaria deliberazione monocratica, tantomeno in questa occasione .
Per quanto riguarda, invece, la proposta del Distretto biologico è opportuno precisare che esso è un ambito territoriale vocato, nel quale delle aziende liberamente aderiscono a un protocollo d’intesa in sinergia con l’Ente Certificatore responsabile della riconversione. In questo contesto esclusivamente bilaterale possono eventualmente aggregarsi, ma solo come semplice partenariato, gli enti locali o altre istituzioni preposte.
Sotto l’aspetto squisitamente agronomico esistono in Italia esempi virtuosi di Distretti biologici ma che sono prevalentemente interessate alle filiera dell’ortofrutta e non tanto quelle delle più delicate filiere delle coltivazioni arboree di cui fa parte la vite. Infatti in questo settore non è agevole orientarsi verso una riconversione cosiddetta biologica in quanto i nostri territori irpini sono caratterizzati da un punto di vista meteorologico da fenomeni di diffusa pluviometria e, da quello territoriale, nella fattispecie dell’areale del “Greco di Tufo”, dalla natura umida dalla collinosità ermetica e fluviale della Valle del Sabato, soggetta quindi a continui fenomeni di inversione termica che non riescono ad assicurare una compatibilità con i parametri richiesti dal Protocollo di riconversione.
La riconversione biologica è un processo che non è facile applicare meccanicamente nelle tre areali D.O.C.G. irpine e non perché vi sia una avversione ideologica – anzi se percorso in modo serio questo potrebbe essere oggetto di un obiettivo futuro ma da calibrare bene nei tempi e nelle modalità – quanto una sua imposizione dall’alto, senza una reale conoscenza delle problematicità di ricaduta, che metterebbe seriamente a rischio la certezza delle qualità e delle quantità delle vendemmie. Ma sempre rifacendosi a serie motivazioni scientifiche è opportuno precisare che il compost che verrebbe eventualmente prodotto non è l’elemento determinante del processo di riconversione biologica in quanto in Irpinia quello fondamentale è l’anticrittogamico, cioè quello destinato alla lotta patogena della viticoltura.
Per queste serie e documentate motivazioni la proposta della riconversione biologica prospettata dal Sindaco di Chianche è fuorviante sotto l’aspetto tecnico-scientifico e inappropriata sotto quello politico- amministrativo in quanto essa non puo’ avvenire, come già sperimentato con la scelta del biodigestore, per decreto sindacale, ma attraverso una spontanea e avvertita esigenza degli operatori del settore vitivinicolo presenti sul territorio, che anzi vedrebbero ingiustamente gli ignari primi cittadini come dei potenziali portatori di imposizione per la loro attività economica esistenziale.
Inoltre, semplici calcoli manifestano che l’impianto di Chianche , a fronte di un quantitativo medio annuo in ingresso di rifiuti pari a cira 35.000 t, non recupera quasi nulla né in termini di materia tantomeno di energia. L’ANAEROBICO agisce per lo più a caldo, con produzione di metano e altri gas (bruciati per ottenere energia termica e/o elettrica) e di percolato liquido inquinante. Il rifiuto esausto (digestato) viene poi “stabilizzato” in presenza d’aria e, a seconda della tipologia, dà origine a un prodotto che i fautori chiamano in modo improprio e truffaldino “compost”, ma che invece ha una composizione chimica e una qualità nettamente inferiore al vero compost aerobico, oppure genera un nuovo rifiuto da portare ancora in discarica. Infatti le biomasse previste dallo stesso studio di fattibilità si compongono di rifiuti urbani di origine vegetale e addirittura di reflui e liquami da allevamento di animali da macelleria , residui di sfalci e fanghi provenienti dalla depurazione nonché di scarti dei prodotti agro-alimentari. Non si comprende, quindi, di quale potenzialità materiali parli il Sindaco di Chianche .
Alla luce di quanto esposto invitiamo, pertanto, i signori Sindaci delle tre areali D.O.C.G. irpine a valutare con scrupolosa attenzione questa improvvida proposta del Sindaco di Chianche e gli imprenditori di filiera e i loro organismi istituzionali rappresentativi a stigmatizzare questo eccentrico tentativo mirante a “inquinare” la vera battaglia che resta il No al Biodigestore nell’area del “Greco di Tufo” e della Valle del Sabato, la quale ha già dato fin troppo in termini di allocazione di strutture della filiera dei rifiuti. Un estremo tentativo che ha più il sapore di uno smarrimento che quello nobile dei nostri vini del Greco di Tufo, del Fiano di Avellino e del Taurasi che non vogliamo che il traffico della monnezza del Biodigestore cancelli dopo secoli di storia e di sacrifici.”