Secondo la Legge 326 del 2003 (condono edilizio) entro il 10 dicembre 2004 si potevano presentare le domande per sanare gli abusi (nuove costruzioni, ampliamenti e cambi di destinazioni d’uso non autorizzate) commessi prima del 31 marzo 2003. Proprio allo scadere del termine l’imprenditore Mario De Minico, proprietario di una grossa struttura costruita negli anni ’80 per l’allevamento e la macellazione dei conigli e poi negli anni ’90 autorizzata come palestra, presentò due diverse domande di condono per due tipologie di abusi: la domanda prot. 65836 per un ampliamento di 37 metri quadrati al Primo Piano; la domanda prot. 65838 per il cambio di destinazione d’uso da palestra ad abitativo per complessivi 300 mq. senza indicare a quali piani.
Il 4 gennaio del 2017 il tecnico incaricato da De Minico, presentava una CILA (Certificazione Inizio Lavori Certificati) prot. 1116, per sanare le opere abusive realizzate al piano terra ed accertate dall’Ufficio di Vigilanza Edilizia a settembre 2016 su richiesta degli abitanti della zona. Tra i titoli autorizzativi, cioè le concessioni edilizie ed i permessi relativi alla costruzione di quell’edificio, il tecnico indicava anche un condono prot. 65836 sostenendo che fosse relativo al cambio di destinazione di mq. 439 al piano terra da palestra ad abitazione. Alla CILA veniva infatti allegata un planimetria del Piano terra con la scritta stampata in alto “GRAFICI CONDONO EDILIZIO prot. 65836 legge 24.11.2003 n. 326” e in basso la scritta “CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO DA PALESTRA AD ABITAZIONE MQ. 439,00” In realtà a quella data, gennaio 2017, non era stato rilasciato alcun permesso in sanatoria (condono) e la domanda prot. 65836 si riferiva ad “ampliamento di 37 metri quadrati al Primo Piano” e non al cambio di destinazione al Piano Terra addirittura di 439 metri quadrati. Una superficie enorme che da sola superava anche quella di 300 mq. complessiva per la quale era stato chiesto il condono per cambio di destinazione con la domanda di prot. 65838. Il condono è stato rilasciato con Permesso di Costruire n. 2866 del 31/7/2017. Nell’atto si fa riferimento ad “una domanda (UNA domanda n.d.r.) di sanatoria di abuso edilizio presentata il 10.12.04 prot. 65836 e 65838 dal sig. ….. per opere eseguite in questo Comune distinta in catasto foglio 17 particella 454 consistenti nel cambio di destinazione d’uso al piano terra, ampliamento e parziale cambio di destinazione d’uso del primo e sottotetto al fabbricato sito in c/da San Chirico”. Il Permesso in sanatoria viene rilasciato per le opere non autorizzate e le superficie oggetto di cambio abusivo di destinazione d’uso, esattamente indicate in 1 elaborato scritto-grafico allegato (UNO elaborato scritto-grafico n.d.r.). Si tratta di un fascicolo con relazione (senza protocollo) datata 27.4.06 ed elaborati grafici, relativi ad ampliamenti al piano primo e sottotetto per complessivi mq 205,83 e cambio di destinazione al primo piano per 133 mq. Quindi, secondo questa relazione, il condono (ampliamenti al primo piano e sottotetto e cambio di destinazione d’uso al piano primo) riguarda complessivamente 339,63 metri quadrati, cioè all’incirca quelli indicati nelle domande di condono del 10/12/2004 (37mq. + 300 mq.). Pertanto, in tutta evidenza, il con-DONO concesso RIGUARDA SOLAMENTE la metà del piano primo e il sottotetto. Nel P.dC. 2866 si legge “cambio di destinazione d’uso al piano terra….” ma si tratta di un evidente errore perché nella relazione allegata con i grafici, il piano terra non è mai indicato in alcun modo. Del resto, bisogna considerare che anche il condono Legge 326/2003 che richiamava la precedente legge n.47 dell’85, prevedeva che prima del rilascio del permesso in sanatoria i certificati catastali dovevano essere aggiornati con la indicazione della “nuova” destinazione d’uso per la quale si chiedeva il condono. Nei certificati relativi all’edificio di De Minico a contrada San Chirico, foglio 17 particella 454, il sub 2 (cantina-sala ammezzato), i sub 6 e 7 (piano primo e sottotetto) sono indicati come Categoria A, cioè abitativi. Invece i sub 3 e 4 del piano terra sono indicati come Categoria C (commercio e deposito) e il quella struttura ha avuto sede ufficialmente una società commerciale di videogiochi. Anche per questo motivo, si deve ritenere che il con-DONO per quell’edificio non riguardi il piano terra. Del resto, quando a marzo del 2018 la cooperativa Esculapio ha presentato i documenti per la gara di appalto per la gestione del servizio SPRAR per tre anni (finanziato dal Ministero dell’Interno con un milione di euro), non ha indicato l’uso del piano terra di quella struttura e neppure il certificato di agibilità è stato richiesto per quella parte. Come mai nell’atto di fitto firmato il 28 maggio dalla moglie del proprietario dell’immobile, si fa riferimento anche al piano terra (sub 3, categoria C1-Commerciale)? E come mai l’ufficio tecnico il 20 luglio ha accertato che i migranti possono essere ospitati in quella struttura senza tener conto dei vincoli imposti dal Manuale per gli SPRAR?
(continua)