Riceviamo e pubblichiamo:
“Il Presidente De Luca immagina di risolvere il complesso problema del ciclo dei rifiuti nella nostra regione creando ad arte il “Partito dei responsabili” e quello degli “Esaltati”. Il primo sarebbe guidato da lui stesso, e sarebbe quello che vuole risolvere a tutti i costi l’annosa vicenda emergenziale con il bisogno dell’autoritarismo istituzionale al di sopra di ogni norma e rispetto dei singoli territori. Il secondo sarebbe costituito da irresponsabili sindaci, associazioni , produttori delle filiere agro-alimentari, movimenti e semplici cittadini che presi da una furia ideologica ecologica dicono no a ogni ragionevole soluzione .
Noi crediamo che le cose non stiano affatto come pensa il “Conducator” perché le comunità locali che si oppongono lo fanno non per tutelare il proprio orticello territoriale ma perché si sentono parte lesa di una cultura governista irresponsabile che pensa di gestire le tante complessità della nostra regione con il solo criterio dell’autoritarismo, che, invece, non fa altro che innescare tanti focolai di tensione e di contrapposizione. Forse ancora non si è reso conto che i vasti e differenti territori campani non possono essere governati con la cultura dell’ordinanza sindacale destinata ai quartieri di “Fratte” e “Mariconda” .
Tanto più se si producono due provvedimenti legislativi per la gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani dell’umido dando, guarda caso, la precedenza al sistema industriale dei biodigestori e pubblicando a ruota quello relativo al più calibrato sistema dei compost di prossimità comunale .
La previsione del biodigestore di Chianche, in provincia di Avellino, è emblematica. Un bando a cui risponde un comune di soli 400 abitanti, attraverso una semplice deliberazione sindacale, che tiene all’ oscuro il Consiglio comunale e la popolazione tutta, che viene gabellato in modo falso nella documentazione come un sito che dista a soli 7 km dal casello autostradale “Avellino-Est”, quando i chilometri sono piu’ del doppio, collocato in un’area spacciata per “P.I.P” mai entrata in funzione e per giunta ricettacolo di rifiuti, posizionata nel cuore, cioè in mezzo , si proprio in mezzo ai vigneti più pregiati d’Europa del vino D.O.C.G. del “Greco di Tufo” , a poche centinaia di metri dal fiume Sabato e ruscelli di montagna, dalla ferrovia, dalle case sparse dei coloni. Un luogo che dovrebbe sviluppare le strade del vino e invece si appresta ad ospitare le “carovane della monnezza”, in piena trasgressione della disciplina urbanistica e paesaggistica, della mappe dei vincoli territoriali e degli stessi previsti proprio dal bando regionale.
Ma davanti a questo scenario come si fa ancora a sostenere che quel Biodigestore è nel posto giusto? E come fa a sostenerlo il Consigliere regionale Francesco Todisco che in una recente intervista non intravvede nulla di questi reali rischi e contraddizioni? Il problema, come lui sostiene, è che si tratti solo di una questione di certezze del progetto industriale, senza rendersi conto che non siamo a Trento ma in un contesto sociale completamente diverso dove le emergenze rifiuti sono dietro l’angolo e si convive con aree sempre più esposte alla distruzione ambientale, dai Regi lagni all’area del Vesuvio, dalla Terra dei fuochi all’area suburbana napoletana, per cui non si tratta di controllare una fabbrica ma di non esporre territori, gia’ di per se’ fragili, a una contaminazione. Lo sa il Consigliere Todisco cosa significa essere zona di cerniera tra Irpinia e Sannio ed essere già stati investiti dall’operazione “Chernobyl” a seguito delle indagini della Procura di Santa Maria Capua Vetere?
E allora perché non si continua convintamente sulla strada del compostaggio domestico attraverso seri incentivi ai nostri piccoli comuni e sgravi fiscali sulle bollette per le famiglie ( tra l’altro già previsto dalla normativa in materia) ? Si è finanziato l’ampliamento del sito di compostaggio di Teora e allora perché non si procede in questa direzione, considerato che quella realtà corrisponde ai canoni di taluni insediamenti a vocazione industriale e non presenta le peculiarità della delicata e preziosa area del “Greco di Tufo” ?
O forse il vero problema è che si perde la partita della gestione di ben 14 milioni di euro di finanziamento?
Il crescente e qualificato fronte del “NO” non è composto da quattro esagitati ma da undici Sindaci, ventuno associazioni, il più importante Consorzio di tutela dei vini d’Irpinia che raggruppa oltre 500 operatori, altri due Consorzi territoriali che esprimono il meglio dell’associazionismo imprenditoriale locale, un’associazione dei consumatori di rilievo regionale e nazionale e migliaia di cittadini che vogliono continuare a vivere, tra tanti sacrifici, in una terra di certo non tra le più fortunate del Mezzogiorno e aggrappata alla scommessa della nuova vocazione territoriale eno-turistica.
Qui non si sfregia solo la dignità di una provincia laboriosa ma l’immagine stessa di una regione e la speranza di essere realmente diversa”.