Alla presenza del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Santi Consolo, domani alle 11,30 si terra’ la cerimonia di intitolazione della casa circondariale di Ariano Irpino alla memoria del Sovrintendente capo Pasquale Campanello, ucciso in un agguato di camorra nel febbraio 1993 per non essersi piegato alle minacce. Saranno presenti Francesco De Martino, dirigente del Provveditorato della Campania, il direttore dell’Istituto, Gianfranco Marcello, il comandante di reparto Comm. Coord. Stefania Cucciniello, e la vedova Campanello, Antonietta Oliva.
Alle 14 dell’8 febbraio 1993, il sovrintendente aveva terminato il turno di servizio e saliva sull’autobus di linea Napoli- Avellino che lo riportava a casa, a Torrette di Mercogliano, dove lo aspettavano la giovane moglie Antonietta e i due bambini, Silvia di due anni e Armando di quattro mesi. Alle 16,45 Campanello scendeva dall’autobus, la fermata era proprio di fronte alla sua abitazione, in via Nazionale, a quell’ora molto affollata, trovandosi a 400 metri dal casello autostradale. Mentre attraversava la strada per raggiungere il portone, da un’Alfa 155 nera parcheggiata all’interno del piazzale del condominio lo scendono tre uomini armati di due pistole calibro 9 e di una calibro 38, lo sorprendono alle spalle e gli esplodono una quindicina di colpi, uno alla testa quando e’ gia’ a terra agonizzante. Gli assassini risalgono a bordo dell’Alfa, dov’era in attesa il conducente. La vettura fa retromarcia, riprende la strada, nella fuga incrocia un’auto dei carabinieri accorsi per gli spari, i militari hanno pensato a una rapina, ma i quattro sicari riescono a far perdere le tracce imboccando la statale delle Puglie in direzione di Foggia. Fu subito chiaro che il sovrintendente aveva pagato con la vita per non essersi piegato alle minacce della camorra che chiedeva di abbassare la guardia per la concessione di favori alla criminalita’ organizzata. L’ordine partito dalla criminalita’ organizzata era quello di uccidere a caso il primo agente che, nel giorno e all’ora stabiliti dai mandanti, usciva dall’istituto, a fine turno. Campanello, definito da colleghi e superiori “serio, irreprensibile, attento al rispetto delle regole”, non si era piegato alle intimidazioni e alle minacce ricevute per il rigore con cui svolgeva il servizio. Per la sua fedelta’ allo Stato la camorra lo aveva condannato a morte. Il sovrintendente e’ stato riconosciuto dal Ministero dell’Interno “Vittima del Dovere” ai sensi della Legge 466/1980.