La decisione della Consulta è arrivata in seguito al ricorso presentato dalle Regioni Toscana, Liguria, Lombardia e Puglia contro il decreto attuativo 219/2016. I giudici della Corte Costituzionale hanno riconosciuto l’illegittimità dell’articolo 3, comma 4, che stabiliva che il ministro dello Sviluppo economico avrebbe emanato il decreto «sentita» la Conferenza Stato-Regioni, e non «previa intesa» con essa, dunque violando il principio di leale collaborazione.
Dovrà quindi essere convocata una nuova Conferenza Stato-Regioni per raggiungere un accordo, indispensabile alla luce del pronunciamento della Consulta: ma la congiuntura politica non pare delle più favorevoli, con la legge di bilancio in dirittura d’arrivo, e l’ipotesi di scioglimento delle Camere il 27 dicembre per andare a elezioni il 4 marzo 2018, ipotesi lanciata oggi sulla stampa nazionale.
C’è dunque il rischio che la riforma slitti di alcuni mesi e che vengano congelati i processi di accorpamenti fra singole Camere definiti dal Mise. “Sono i progetti di fusione in qualche modo imposti ad essere rimessi in discussione dalla sentenza. In ogni caso si tratta di una materia complessa che merita ulteriori approfondimenti. E’ chiaro – conclude La Stella – che una valutazione spetta anche ai singoli territori”.