Sarà ospite nel pomeriggio di un seminario organizzato dalla fondazione Melenzio
Sant’Agata de’ Goti – La storia di Sami Modiano è la storia di un popolo, quello ebreo; la storia di un continente, quello europeo; e la storia di un secolo, il ventesimo. Ebreo di Rodi, a 14 anni fu deportato nel campo nazista di Auschwitz-Birkenau, dove perse il padre e la sorella. Sopravvissuto all’orrore della Shoa, oggi gira l’Italia, e non solo, per raccontare questa storia e mostrare i segni che i campi di concentramento nazisti hanno lasciato sul suo corpo.
Questo pomeriggio Sami Modiano tornerà a Sant’Agata de’ Goti ospite della Fondazione Melenzio che, in collaborazione con la locale Pro Loco ed il Centro Studi Sistini, ha dato vita ad un ricco calendario di Seminari di filosofia, storia e cultura politica al via proprio oggi. L’appuntamento con Sami Modiano è in programma alle ore 18,30 presso la sala di lettura “Francesco Viparelli” della biblioteca Melenzio di Sant’Agata. L’incontro sarà introdotto dal presidente della Pro Loco Claudio Lubrano.
“Per l’instancabile impegno con cui si dedica a testimoniare la sua tragica esperienza, segnata dall’espulsione da scuola, a Rodi, all’età di otto anni, ordinata in ottemperanza al dettato delle Leggi razziste, e dalla deportazione ad Auschwitz-Birkenau nell’estate del 1944, nella ricorrenza del settantacinquesimo anniversario dell’emanazione delle Leggi del 1938, per proseguire al più alto livello l’azione di promozione della Memoria e di sostegno alla ricerca storica”. Queste parole sono quelle della motivazione con la quale “La Sapienza” di Roma nel 2013 conferì a Modiano il Dottorato Honoris Causa in Storia, Antropologia e Religioni. Una testimonianza che Sami ha voluto raccontare anche in un libro – “Per questo ho vissuto” – e che questo pomeriggio verrà portata alla platea della sala Viparelli della biblioteca Melenzio.
I Seminari di filosofia, storia e cultura politica proseguiranno a partire dal prossimo 29 marzo: tra gli ospiti della fondazione ci saranno anche il sociologo Domenico De Masi e la scenografa Giulia Mafai.
di Vincenzo De Rosa