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Dati allarmanti su cassa integrazione nel Sannio

Dati allarmanti su cassa integrazione nel Sannio

6 Febbraio 2017 | by Anna Liguori
Dati allarmanti su cassa integrazione nel Sannio
Attualità
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Il XII rapporto della Uil sulla cassa integrazione, con un dicembre in cui sono state autorizzate circa 38 milioni di ore di cassa integrazione, ha consegnato un 2016 in cui vi è stata una richiesta complessiva di 581,8 milioni di ore.
Dall’esame del rapporto, si è evinto che 25 province hanno fatto registrare un aumento delle richieste di cassa integrazione per il 2016, rispetto al precedente 2015, con l’incremento maggiore a Livorno (+148,6%), Avellino (+131,1%) e Ferrara (+106,5%).
La più forte flessione a Potenza (-75,6%). Analizzando i dati su scala provinciale, si è evidenziato che, sul territorio sannita, nel 2015, erano state autorizzate 506.529 ore di cassa integrazione ordinaria.
Mentre erano state 967.191 le ore di cassa integrazione straordinaria erogate.
Infine, erano state somministrate 719.753 ore di cassa integrazione in deroga. Totale: 2.193.473.
Nel 2016, invece, le ore di cassa integrazione ordinaria sono state pari a 712.287.

L’indicatore della straordinaria ha segnato 854.156 ore, mentre quelle distribuite in deroga sono state 121.700, per un totale di 1.688.143.
L’analisi ha evidenziato, dunque, che dai dati comparati tra il 2015 ed il 2016, è corrisposta una percentuale di +40,6% per gli ammortizzatori sociali ordinari, -11,7 per la cassa integrazione straordinaria e -83,1 per quella in deroga.
Quindi, la percentuale di diminuzione della cassa integrazione guadagni tra gli anni 2015 e 2016 è stata pari complessivamente a -23,0.

Un dato in controtendenza rispetto alle altre province della Campania, se si pensa alla lieve diminuzione di Napoli (-6,4%) e agli aumenti di Avellino (+131,1%) e Caserta (+7,2%), mentre è oltremodo negativo il -43,0% di Salerno.
Per quanto riguarda il raffronto tra i mesi di novembre e dicembre 2016, va detto che il Sannio ha registrato un +25,5%, atteso che il totale del mese di novembre era pari a 146.118 ore contro le 183.306 ore di dicembre.

“Con questo rapporto della Uil – si legge nella nota inviata alla stampa – si completa l’analisi del 2016 su come, quanto, dove viene richiesta ed autorizzata la Cassa integrazione (ordinaria, straordinaria e in deroga), e a questa disamina aggiungiamo un primo approfondimento sul nuovo strumento di protezione che si sta aggiungendo a quelli “tradizionali”: il Fondo di Integrazione Salariale (Fis).
Siamo giunti all’ottavo anno di analisi, studi e proposte che la Uil sottopone ai lavoratori, alle strutture sindacali e alle istituzioni, sottolineando come la protezione sociale per il lavoro, con lo strumento di integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro, abbia permesso di proteggere centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori (mediamente 285.000 posti di lavoro nel solo anno 2016).
Questo percorso è, però, anche uno straordinario strumento per comprendere lo stato di salute del nostro sistema produttivo e su come la crisi e la poca crescita impattino sulla tenuta delle imprese e il conseguente effetto sull’occupazione.
Questi strumenti, come noto, sono stati nel tempo modificati, in particolare attraverso l’ultima riforma (il Jobs act), e, quindi, è importante comprendere le cause del calo della cassa integrazione registrato nel 2016. Che il decremento avutosi nel 2016 sia riconducibile a una ripresina economica sembra difficile sostenerlo stante lo stato di stagnazione economica in cui versa il nostro Paese.
Ben più attendibile sembra essere, purtroppo, l’effetto prodotto dalle recenti riforme degli ammortizzatori sociali (legge Fornero e Jobs act) che, nel 2016, hanno visto la combinazione della progressiva scomparsa della deroga e un aumento dei costi per l’utilizzo degli ammortizzatori sociali.
Oltre a tali causali, sempre nel 2016, si è assistito anche ad un fermo amministrativo, in particolare riguardante la cassa integrazione ordinaria, che ha condizionato, ritardandola, la concessione delle richieste di integrazione salariale anche per periodi di oltre 6 mesi.
Rispetto alla diminuzione nel 2016 della cassa integrazione in deroga, ha contribuito oltre alla diminuzione delle risorse e dei periodi indennizzabili (massimo 3 mesi), anche l’introduzione del nuovo Fondo di Integrazione Salariale (Fis), istituito dal decreto legislativo numero 148/2015, i cui possibili beneficiari sono tutti i datori di lavoro (imprenditori e non) che hanno più di 5 dipendenti e che non rientrano nel campo di applicazione di Cigo e Cigs.
Pur essendo questo nuovo strumento già entrato a regime dal 1° gennaio 2016, ancora non si hanno dati certi di quante aziende (anche per grandezza dimensionale) stiano versando al nuovo Fondo, di quanti siano i lavoratori interessati e quante ore di integrazione salariale siano state richieste, non essendo ancora noti i relativi dati Inps.
Dalle poche informazioni in nostro possesso, il Fis non ha ancora erogato alcuna prestazione, a fronte di 950 domande presentate e riferite a 22mila lavoratori, per un totale di circa 7,5 milioni di ore e una spesa stimata in oltre 80 milioni di euro.
La Uil, da tempo, ha segnalato le numerose criticità nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali come riformati dal Jobs act, chiedendo alla politica e ai Governi di prendere atto della necessità di rivedere alcune delle norme che regolano la Cassa Integrazione e modificare ciò che sta producendo forti tensioni sociali.
La piccola modifica sulla cassa integrazione straordinaria, dedicata solo ad alcune realtà particolari (le aree di crisi complesse), è stata un intervento necessario ma non risolutivo. In sostanza, pensiamo che si debba prendere atto che il nostro Paese e il suo sistema produttivo, necessitano, nel campo delle integrazioni salariali, di strumenti flessibili che evitino il rischio licenziamenti e permettano alle imprese di “mantenere” la propria forza lavoro e le grandi professionalità che vi operano, anche con sospensioni temporanee”.
“I dati sono di una crudezza unica – ha spiegato Fioravante Bosco, segretario generale aggiunto della Uil Avellino-Benevento – poiché la provincia di Benevento continua a essere una delle realtà più colpite dalla depressione economica.
Il già fragile tessuto industriale sannita è ormai del tutto dilaniato e il paravento della cassa integrazione non ci difende più.
I lavoratori che transitano verso la disoccupazione sono sempre di più.
L’eliminazione di tutti gli uffici pubblici da Benevento, per trasferirli altrove, comporterebbe la perdita di altre centinaia di posti di lavoro.
Meno male che al referendum del 4 dicembre scorso non abbia vinto il “Sì”: ci sarebbe stata l’abolizione definitiva del Sannio!
Il paese si può salvare seguendo due strade: quella degli investimenti pubblici e privati e quella dei rinnovi contrattuali per restituite potere d’acquisto ai lavoratori, il quale potrebbe rivitalizzare l’economia e riattivare la domanda interna”.

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