“La sfida è legare i nostri brand al territorio di provenienza. Per il Chianti è così, per la nostra Irpinia e i suoi grandi vini non ancora. Un obiettivo possibile se difendiamo tutti insieme il territorio: la filiera del vino esiste grazie al nostro straordinario patrimonio ambientale, non dimentichiamolo”. A Castelfranci, in occasione di un convegno sull’Aglianico organizzato in collaborazione con la locale amministrazione, il presidente del Consorzio di Tutela dei vini d’Irpinia Stefano Di Marzo lancia un appello all’unità a tutte le aziende della provincia. “L’Irpinia è un territorio frammentato in centinaio di aziende che hanno il dovere di confrontarsi e pensare in sintonia. Il consorzio di tutela è la casa di tutti, ma serve una visione condivisa per immaginare un nuovo percorso di sviluppo dell’Irpinia”. Tutti d’accordo sulla sfida della filiera ad un confronto che ha visto la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni, produttori e giornalisti di settore.
I relatori, sollecitati da Gerardo Perillo, coordinatore Sud Fisar (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori), hanno auspicato l’avvio di una stagione di confronto e collaborazione su obiettivi comuni e condivisi. “Le nostre comunità hanno patrimoni importanti, troppo spesso sottovalutati. E’ il momento di uscire dai soliti schemi ed iniziare a collaborare proficuamente”, osserva il sindaco di Castelfranci Generoso Cresta che invita i produttori vitivinicoli “a guardare e puntare più in alto”. Poi annuncia la nuova sfida in cantiere. “Vogliamo ridare centralità al nostro storico palazzo Palmieri che ospiterà l’Accademia internazionale del vino. E’ un progetto al quale stiamo lavorando con diversi operatori impegnati nei settori vitivinicolo e turistico”. Francesco Raffaele, delegato Agricoltura del comune di Castelfranci, rimarca come “rispetto al passato c’è una maggiore attenzione verso il lavoro in vigna e l’agricoltura più in generale: è un segnale di attenzione delle nuove generazioni che apre nuove prospettive per il futuro anche in una piccola comunità come la nostra”.
Il consigliere del Consorzio Piero Mastroberardino sottolinea come “la filiera del vino ha bisogno della voce e del contributo di chi lavora tutti i giorni nel settore. Il nostro Consorzio deve operare anche per sollecitare la giusta integrazione tra attività produttive e politiche di tutela del territorio. La sfida è sulla cooperazione ma il traguardo non è vicino: basti pensare che in provincia operano 200 cantine e non un unico consorzio con duecento soci, come pure sarebbe stato possibile. Per continuare a parlare di vino in Irpinia non dobbiamo mai perdere di vista il valore di quello che facciamo e produciamo ogni giorno. Attenzione a svilire le nostre produzioni, a svendere un prodotto che resta straordinario: la corsa al ribasso penalizza la qualità del nostro vino e del nostro territorio”. Pronta a sostenere la filiera del vino la Provincia di Avellino. “E’ una nostra eccellenza – precisa il vicepresidente Girolamo Giaquinto – sulla quale puntiamo, come dimostra il nostro impegno nei poli formativi e nella facoltà di Enologia, dove pure ci siamo trovati a fronteggiare un contenzioso sulla proprietà di un immobile. Mi sembra paradossale che non si voglia superare quest’impasse per un obiettivo più ambizioso, più importante”.
Invita a guardare al modello Piemonte Carlo Tecce, giornalista irpino de Il Fatto Quotidiano. “Nelle prime cento cantine Wine Spectator ci sono solo quattro aziende campane, di cui due irpine. Il Piemonte ha molte similitudini con la nostra provincia, anche da un punto di vista geografico. Non mancano campanilismi e divisioni, ma hanno saputo condividere progetti importanti, come in paesino più piccolo di Castelfranci, Verduno, dove si è creata una filiera importante intorno ad un vino leggero, il Pelaverga”. Anche il giornalista Luciano Pignataro, grande conoscitori di vini e territori di produzione, esalta le risorse naturali di una provincia “che vanta un vantaggio competitivo netto rispetto al resto della Campania. Nel settore agricolo, per la prima volta, si registra un incremento di occupazione per i giovani, anche, e soprattutto, nel Sud, dove c’è un ritorno importante ed un ricambio generazionale che lascia ben sperare per il futuro. E’ dalle nostre radici che bisogna ripartire”. Chiusura dedicata all’Aglianico. “La longevità di questo vino è la sua grande forza perchè consente di resistere nel tempo e non essere soggetto alle mode. Parliamo di bottiglie che raccontano la storia di un territorio e possono avere anche una vita di 30-40 anni: numeri straordinari che consentono all’Aglianico di confrontarsi alla pari con i più grandi rossi del nostro Paese”.