Depurazione e dispersioni: è allarme acqua in Campania. Più ombre che luci dalla fotografia Istat sull’assetto della rete di distribuzione dell’acqua potabile che vede 100 gestori operanti nei 116 capoluoghi: in 105 città si tratta di gestori specializzati, in otto i servizi sono affidati in economia e in quattro sono presenti entrambe le forme di gestione. Soltanto in Emilia-Romagna, Puglia, Basilicata e Sardegna (e in alcune città del Piemonte, della Toscana e delle Marche) operano gestori che servono più capoluoghi, e in alcuni casi sul territorio di uno stesso comune operano più gestori (sei a Catania, tre a Palermo). La copertura della rete di distribuzione è pari al 97,7% dei residenti, sostanzialmente invariata rispetto all’anno precedente. Nell’ultimo anno nelle reti dei capoluoghi di provincia sono stati immessi 2,6 miliardi di m3 di acqua per uso potabile (396 litri giornalieri per abitante, circa 7 in più rispetto al 2014). Non tutta l’acqua immessa raggiunge gli utenti finali, dato che il consumo giornaliero di acqua potabile erogata è di 244 litri per abitante.
Le dispersioni di rete continuano ad essere persistenti e gravose: il 38,3% del volume immesso in rete è andato disperso, in crescita di quasi un punto percentuale sul 2014. In più di quattro comuni su cinque, e in tutti i grandi comuni tranne Milano, le perdite di rete superano il 20% con dispersioni particolarmente elevate a Bari, Messina, Palermo, Catania e Cagliari (dove va dispersa più di metà dell’acqua immessa nella rete di distribuzione comunale). Dispersioni inferiori al 15% si rilevano soltanto a Monza, Mantova, Udine, Pordenone, Macerata, Fermo, Foggia e Lanusei. Un altro indice di inefficienza è il ricorso a misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua per uso civile domestico, attuate in 13 capoluoghi, concentrati nel Mezzogiorno (cinque in Sicilia, tre in Sardegna e Calabria, più altri due nell’Italia centrale). La copertura del servizio di fognatura tende a migliorare (93,4%, circa 17 milioni di residenti serviti stimati, contro 92,6% del 2014). In nove città su dieci, l’infrastruttura della rete fognaria è di tipo misto: solo otto comuni (Vercelli, Padova, Bologna, Ferrara, Livorno, Grosseto, Napoli e Lecce) sono dotati di un separatore misto, più efficiente nel preservare l’ambiente. I reflui delle reti fognarie devono essere sottoposti a trattamento per l’abbattimento del carico inquinante. L’88,9% dei residenti è collegato a impianti di depurazione delle acque reflue urbane e si stima pertanto che poco più di 2 milioni di abitanti non collegati conferiscano i loro reflui a sistemi di trattamento privati o ad altri corpi recettori. Le situazioni più critiche si riscontrano a Treviso, Benevento, Catania e Palermo, dove meno della metà dei residenti è collegata a impianti di depurazione delle acque reflue urbane.
Segnali positivi dall’edilizia sostenibile: 63 città sui 116 capoluoghi hanno acquisito la certificazione energetica per parte del patrimonio e 19 (tra cui Torino, Bologna, Roma, Bari e Cagliari) possiedono edifici certificati in classi A. La riqualificazione energetica è applicata da 78 comuni. E’ quanto emerge dal report dell’Istat “Ambiente urbano: gestione eco sostenibile e smartness”. Inoltre 24 comuni promuovono il rinverdimento di aree di nuova edificazione e 22 la conservazione del patrimonio arboreo nelle pertinenze di edifici esistenti. Offrono in gestione orti urbani 64 capoluoghi (+27,3% di superficie in 4 anni); 42 hanno piantato un albero per ogni nuovo nato e 30 assegnano la manutenzione di aree verdi ad associazioni o cittadini.