Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una cittadina Alessia Trosi. Righe che descrivono l’annoso problema dei treni Metrocampania, tra ritardi e sporcizia all’interno.
“Vi scrivo per esporvi un problema che, purtroppo, sta diventando il nostro pane quotidiano. Parlo al plurale perché, insieme a me, ci sono decine e decine di persone che fanno una vita – o meglio, una sopravvivenza – da pendolari e che si trovano a lamentarsi, imprecare, urlare esausti senza sapere a chi indirizzare le loro richieste. A nulla sono servite proteste, scioperi, raccolte firme o lettere alla Dirigenza. Nessuna risposta, né tantomeno alcun miglioramento.
L’Ente in questione è l’EAV, ex MetroCampaniaNordEst, e il problema cui mi riferisco sono le condizioni di viaggio nella tratta “Benevento-Napoli”. Ritardi su ritardi, pessima organizzazione, treni fatiscenti, mancanza di posti a sedere e, sembra surreale, pioggia dal tetto dei vagoni .
I disagi che siamo costretti a sopportare sono davvero tanti e aumentano col passare del tempo.
A volte sembra che “l’Ente” – lo denominerò così, a sottolineare un non so che di inarrivabile – provi un sadico gusto a creare disagi.
In primo luogo, ogni mattina la calca di povera gente che aspetta di essere scortata a lavoro, all’Università o in qualsiasi altro luogo deve sopportare la compattazione neicarri bestiame. Non c’è termine che possa meglio descrivere il quadro che si dipinge davanti ai loro occhi: immaginate tutti i pendolari della Valle Caudina pressati nello spazio di due miseri vagoni. Una calca da togliere il fiato, senza contare il disagio del viaggio senza posto a sedere, non importa che tu sia incinta, anziano o malato. In caso di corsa sostitutiva, poi, i disperati che si fiondano nel singolo pullman vanno incontro alla stessa sorte, se non peggiore.
Ciliegina sulla torta, per “mancanza di materiale rotabile”, la folla è talvolta obbligata ad aspettare la coincidenza ed a cambiare treno. Inutile spiegarvi che, a trovarsi in mezzo alla massa in pieno trasferimento da ambo i lati, si rischia seriamente la vita.
Addirittura, questi spiacevoli fatti danno adito alla nascita di leggende metropolitane, della serie “hanno comprato dei treni nuovi, con tanti vagoni, ma non possono usarli perché sono più alti rispetto alle gallerie della tratta” o, meglio, “dai, magari domani passa a prenderci un treno più grande!”.
In secondo luogo, non c’è fine alla piaga dei ritardi. Certo, se ne sente parlare in tutta la Nazione e, purtroppo, il problema non sembra essere arginabile: d’altronde, si fa ritardo anche se si rimane imbottigliati nel traffico con l’auto. Eppure, non è corretto ridurre tutto ad una semplice lamentela da qualunquista.
Perché, vedete, non si tratta di tornare tardi a casa e trovare il piatto di pasta freddo. Si parla di passeggeri che perdono coincidenze per destinazioni ben più lontane e che sono, quindi, costretti a spendere ulteriori soldi per un biglietto last minute; si parla di professori che ritardano le sedute di Laurea; si parla di studenti che si presentano dopo un’ora e mezza agli esami universitari, ove non c’è “prof, ma il treno non è passato in orario” che regga. Si parla di semplici cittadini lavoratori che, nonostante un paio d’ore di anticipo, onde prevenire qualsivoglia imprevisto, rischiano il posto a causa di un disservizio.
Sono inconvenienti del traffico ferroviario cui non si può giungere a capo con una semplice protesta. Almeno è quanto ci ha riferito un membro del personale: “stiamo aderendo ad ogni sciopero possibile per evitare problemi del genere, eppure la situazione non migliora. Ogni giorno veniamo aggrediti da passeggeri infuriati e non sappiamo cosa rispondere, perché non siamo noi le persone giuste cui dovrebbero rivolgersi. E’ una vergogna, davvero, ma dovrete abituarvici!“.
La cosa incredibile è che ci hanno abituato al peggio! Ci hanno svezzato a suon di ritardi, viaggi in piedi, sporcizia, mezzi non adeguati, cambi improvvisati, freddo paralizzante o caldo asfissiante. Sicché, dal fondo cui siamo precipitati, ogni trattamento doveroso nei nostri riguardi viene percepito come gentilezza fuori dall’ordinario. Ricordo che, qualche anno fa, un treno in orario ha ricevuto un applauso spontaneo di entusiasmo.
Ora, veniamo al nocciolo fondamentale della questione, ovvero: la pioggia nel treno. Ebbene sì, sembra che l’Ente Autonomo Volturno abbia messo a disposizione dei viaggiatori un servizio doccia per chi, ancora assonnato, la mattina non faccia in tempo a lavarsi. Ad ogni frenata o rollio del vagone, ecco piombare giù dai condotti d’aria e dalle grate dei neon veri e propri fiotti d’acqua che, ovviamente, vanno ad inzuppare i sedili, il pavimento e anche le persone. Certo, perché, non essendoci posti asciutti a disposizione, alcuni passeggeri hanno accettato di accomodarsi sotto le cascate (addirittura tenendo gli ombrelli aperti).
Non è necessario sottolineare che, nonostante il fatto abbia del comico, non tutti hanno la pazienza e la sopportazione che permettono di fare ironia: alcuni pendolari assistono a queste scene da troppo tempo per poterci scherzare su. Sarebbe troppo tempo per chiunque, anche per chi si trovasse a salire su quel treno per la prima volta. Nessuno si aspetta che in Italia possa esistere un tale degrado.
Mio padre fa questa vita da 25 anni, da quando la situazione non era tanto grave. Certo, magari i vagoni non erano dotati di aria condizionata, ma il viaggio era dignitoso e, sicuramente, non tanto esasperante.
Queste sono mancanze di rispetto propriamente dette. Non esiste altro modo per definirle. Per chi ci hanno presi? Per delle bustine da thè da tenere in infusione in acqua?
Non abbiamo scelto di viaggiare in treno per un capriccio o un vezzo, ma per necessità e, soprattutto, non lo facciamo gratis. Pretendiamo i servizi che ci spettano di diritto e per i quali il prezzo del titolo di viaggio aumenta di anno in anno. Pretendiamo di non bagnarci durante la corsa, non sono condizioni ammissibili nel 2016.
Vi supplico e vi imploro, da lavoratrice pendolare esausta, da figlia che sta vedendo il proprio padre invecchiare precocemente sotto il peso dello stress, aiutateci a cambiare questa situazione; dubito che, con questi presupposti, chiunque di Voi lettori lascerebbe viaggiare volentieri il proprio marito, la propria moglie o i propri cari.
Vorrei che la gente che sta vivendo questo incubo come me possa sperimentare un minimo di serenità, che aiuterebbe i lavoratori ad essere più rilassati e, quindi, più produttivi.
Vorrei che, dopo anni di “è inutile lamentarsi, tanto non cambia niente”, qualcuno possa aiutarci ad avere una rivalsa su questo Sistema che ci sta facendo marcire.”