ROMA – L’impegno del Governo conferma un modello di filiera produttiva della pasta che proprio nella nostra regione è stato sperimentato con successo”. Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vice nazionale, commenta così la promessa del premier Renzi di introdurre l’etichettatura di origine obbligatoria per il grano Made in Italy usato per produrre l’alimento più amato dagli italiani. “Dopo la vicenda del latte in polvere nei formaggi – spiega Masiello – ci si rende conto finalmente che difendere le produzioni agroalimentari dalle truffe garantisce la tenuta di tutto il sistema. Il rapporto tra produttori agricoli e agroindustria può fondarsi su un modello nuovo e sostenibile. Lo abbiamo verificato e messo in pratica proprio qui. Dai campi della Campania arriva la maggior parte del grano “aureo” che finisce nel ciclo produttivo dello stabilimento Voiello-Barilla di Marcianise. Mettere in connessione agricoltori e industriali è un percorso virtuoso del quale beneficiano i rispettivi settori, i territori rurali, il turismo e tutto l’indotto. La trasparenza in etichetta è l’unica strada per bloccare le speculazioni sulla pelle degli agricoltori, costretti oggi a vendere con i prezzi di vent’anni fa, e per garantire la salubrità di quello che mettiamo nel piatto”.
L’Italia è il principale produttore europeo di grano duro, destinato alla pasta con 4,8 milioni di tonnellate su una superficie coltivata, pari a circa 1,3 milioni di ettari, ma sono ben 2,3 milioni di tonnellate di grano duro che arrivano dall’estero e, di queste oltre la metà – per un totale di 1,2 milioni di tonnellate – arrivano dal Canada. Il 40% dei consumi di pasta avviene a Sud con 34 kg a testa all’anno, al Centro si consuma il 23% della produzione con 28 kg a testa ogni anno, mentre a Nord si consuma il 37% della produzione con 24 kg a testa ogni anno. La media nazionale è di 28 kg a testa annui (fonte: Istat).
“Quest’anno sono stati pagati ai cerealicoltori 14 euro per il grano tenero e 19 euro per quello duro – aggiunge Masiello – scendendo al di sotto dei costi di produzione. A questo aggiungiamo che metà del pane e 1/3 della pasta commercializzati sono fatti con grani stranieri. Un paradosso se pensiamo che siamo il paese del pane, della pasta e della pizza. L’indicazione della provenienza del grano lascerà ai consumatori libertà di scelta consapevole”.