BENEVENTO – L’elisir di lunga vita non è rappresentato semplicemente dal nostro Dna. Non esiste alcun magico gene che consente agli esseri umani di raggiungere, e talvolta superare, il ragguardevole traguardo dei 110 anni. Fa luce su questi ambiti uno studio dove gli ‘arruolati’ divisi in due gruppi verranno sottoposti ad un questionario con domande sulle abitudini alimentari, relazionali, sulle caratteristiche socio-economiche e culturali e ai membri di entrambi i gruppi verrà prelevato un campione di sangue che sarà analizzato dai laboratori di genetica dell’ospedale Rummo , con l’obiettivo di conoscere il sottotipo di recettore nucleare per la vitamina D (Vdr) oltre che misurare i livelli ematici di Vitamina D. “Analizzeremo anche il rapporto tra le comorbilità con altre malattie dell’invecchiamento”, afferma il prof. Stisi. “Ci auguriamo di confermare quanto emerso già dai lavori di altri gruppi di ricerca negli Usa, europei e iraniani, ossia che la longevità è strettamente correlata al gene Vdr con polimorfismo FF”. Se la ricerca e il polimorfismo del gene Vdr-Ff è più efficiente nei longevi, potremo fare molto di più per le malattie reumatiche dell’invecchiamento che riguardano l’apparato locomotore, come osteoporosi o artrosi, e per quelle neurodegenerative, come l’Alzheimer per esempio”, dice Stisi. “Studiare se possiamo modificare la risposta genetica ai meccanismi d’invecchiamento, con l’introduzione di una dose adeguata di un antiossidante come la vitamina D, potrebbe aiutarci a offrire una migliore qualità di vita ai pazienti che hanno a che fare con il dolore e ai futuri anziani. Tale ipotesi potrebbe essere d’aiuto per la prevenzione delle patologie degenerative dell’apparato locomotore, visto che sulle cure siamo fermi a 30 anni fa