Presentato a Roma il rapporto sulle Agromafie promosso da Coldiretti ed Eurispes. Ne emerge un quadro desolante per la Campania che appare sempre più nella morsa della criminalità.
“I dati sulla criminalità nel settore agroalimentare della Campania confermano che il problema è serio. Il nostro impegno quotidiano è proprio nell’invertire la tendenza. Coldiretti fa la sua parte, senza fare sconti a nessuno. Alle Istituzioni chiediamo di aiutarci garantendo trasparenza e legalità”.
Commenta così Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale, il rapporto Agromafie 2016. Nel quarto dossier è misurato l’Indice di Organizzazione Criminale (IOC) elaborato dall’Eurispes, insieme a Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, che si fonda su 29 indicatori specifici e rappresenta la diffusione e l’intensità in tutte le province del fenomeno dell’associazione criminale. In tutto il territorio nazionale sarebbero 26.200 “i terreninelle mani di soggetti condannati in via definitiva per reati che riguardano tra l’altro l’associazione a delinquere di stampo mafioso e la contraffazione anche perché il processo di sequestro, confisca e destinazione dei beni di provenienza mafiosa si presenta lungo e confuso, spesso non efficace e sono numerosi i casi in cui i controlli hanno rilevato che alcuni beni, anche confiscati definitivamente, sono di fatto ancora nella disponibilità dei soggetti mafiosi”.
Inoltre il rapporto evidenzia come sarebbero circa 20 o 25 i miliardi di euro che “vengono sprecati per il mancato utilizzo dei beni confiscati sulla base delle stime dall’Istituto nazionale degli amministratori giudiziari (Inag). Si stima che circa un immobile su cinque confiscato alla criminalità organizzata sia nell’agroalimentare. Il 53,5% si concentra in Sicilia, mentre la restante parte riguarda soprattutto le altre regioni a forte connotazione mafiosa, quali la Calabria (17,6%), la Puglia (9,5%) e la Campania (8%)”.
Il business delle Agromafine invece nel 2015 ha superato i 16 miliardi di euro. “Associazione per delinquere di stampo mafioso e camorristico, concorso in associazione mafiosa, truffa, estorsione, porto illegale di armi da fuoco, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, contraffazione di marchi, illecita concorrenza con minaccia o violenza e trasferimento fraudolento di valori sono le tipologie di illeciti riscontrate con più frequenza da parte delle organizzazioni criminali operanti nel settore agroalimentare con il business delle Agromafie che ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015”.
La presentazione è avvenuta a Roma stamani, presenti Gian Carlo Caselli Presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, Gian Maria Fara Presidente Eurispes, Andrea Orlando ministro della Giustizia, Maurizio Martina ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giovanni Legninivicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Rosy Bindi presidente della Commissione parlamentare antimafia, Raffaele Cantone presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ed il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
“Coldiretti è in prima linea su più fronti – sottolinea il presidente Masiello – dalla lotta al ‘caporalato’ alla richiesta di ‘tracciabilità’ per i prodotti. Quanto al lavoro nero, monitoriamo le nostre aziende e siamo pronti ad espellere dall’organizzazione chi non rispetta i lavoratori. Questo fenomeno va stroncato, perché alimenta la concorrenza sleale. Allo stesso modo chiediamo alle Istituzioni un controllo sul mercato nero ortofrutticolo. Nelle zone più esposte al rischio si moltiplicano i ‘furti nelle campagne’ e spuntano banchetti illegali lungo le strade, dove viene venduta la refurtiva. Ormai siamo alle postazioni fisse, quasi una sfida sfacciata all’impunità. E invece ‘le imprese agricole andrebbero difese come primo presidio di legalità’. Possono essere gli avamposti dello Stato nelle aree rurali. Noi ce la mettiamo tutta, senza piangerci addosso.
Ci abbiamo messo la faccia anche quando ‘si è speculato commercialmente sui problemi della Campania’. Ora chiediamo un cambio di passo, nell’interesse generale e non solo di un settore. L’agricoltura contribuisce fortemente a tirare il carro dell’economia regionale, innescando effetti positivi su tutti gli altri settori. Questa è la grande sfida che abbiamo davanti. Ecco perché ‘al presidente De Luca’ chiediamo un impegno straordinario della Regione sui nuovi PSR. Ma la legalità è la condizione preliminare affinché gli investimenti producano effetti positivi e duraturi”.
Nel rapporto si legge che “inn regioni quali la Calabria e la Sicilia si denota un grado di ‘controllo criminale del territorio pressoché totale, al pari della Campania (sia pur con minore intensità nell’entroterra avellinese e beneventano). Tale risultanza, purtroppo non particolarmente sorprendente, riflette la forza e l’estensione di organizzazioni quali la‘Ndrangheta, la Mafia e la Camorra. Il grado di controllo e penetrazione territoriale della Sacra Corona Unita in Puglia, invece, pur mantenendosi significativamente elevato, risulta inferiore che altrove così come in Sardegna, regione dove all’elevata intensità dell’associazionismo criminale non corrisponde di pari grado l’egemonia di un’unica organizzazione. In Sicilia l’unica provincia non caratterizzata da un Indice IOC alto è stata Messina, mentre sul restante territorio i valori sono significativamente elevati, in particolar modo nelle zone meridionali ed orientali dell’Isola (Ragusa: 100,0; Caltanissetta: 69,4; Catania: 57,5; Siracusa: 49,2; Enna: 48,4). Anche il complesso delle province calabresi risulta profondamente soggetto all’associazionismo criminale, a partire da Reggio Calabria (99,4) fino alle restanti province (Vibo Valentia: 65,3; Crotone: 58,4; Catanzaro: 55,3; Cosenza: 47,3)”.
Il grado di diffusione criminale in Campania, scorrendo il rapporto, è elevato sia nel capoluogo (Napoli: 78,9) che a Caserta (68,4) e Salerno (44,3), ma è inferiore nell’entroterra. “Si denota una forte presenza di tipo associazionistico anche sul versante adriatico (Pescara: 71,4; Foggia: 67,4; Brindisi: 51,6), nel basso Lazio (Frosinone: 49,3; Latina: 43,3) e in Sardegna (Nuoro: 46,3; Sassari: 45,9). Infine, non devono sorprendere, in quanto fondamentalmente legati alle specifiche operazioni delle Forze di sicurezza nel territorio, i dati relativi a Perugia (55,9) e Imperia (54,3). Al di sopra della media nazionale, pari a 29,1, con un IOC medio-alto si collocano i territori che si trovano prevalentemente lungo la catena appenninica, sia in Meridione (Potenza: 42,9; Campobasso: 42,7; Avellino: 42,3; Benevento: 35,7) che in Italia centrale (Teramo: 31,5; L’Aquila: 31,2; Terni: 30,0) e lungo l’Appennino tosco-ligure (La Spezia: 38,7; Pistoia: 35,1). Elevata la numerosità delle province pugliesi: Barletta-Andria-Trani (40,9), Bari (40,9), Taranto (39,4) e Lecce (37,4). Sia pur con livelli inferiori alla media nazionale, è importante sottolineare come l’indicatore relativo alla provincia di Roma (26,7) possa essere considerato ad un livello medio-alto. Il livello medio-basso dell’IOC racchiude gran parte delle maggiori province del Centro e Nord Italia, quali Genova (23,4), Torino (18,8), Firenze (18,8), Milano (17,9), Bologna (15,2) e Brescia (14,9).
Sulla Terra dei Fuochi, Coldiretti ed Eurispes parlano di “pregiudizi e psicosi” che hanno “creato un grave danno di immagine alla Campania”. Infatti, dai risultati delle indagini tecniche per la mappatura dei terreni destinati all’agricoltura nella Regione Campania (con priorità ai 57 Comuni della Terra dei Fuochi) è emerso “che solo il 2% dei terreni mappati in Terra dei Fuochi è a rischio mentre il restante 98% degli stessi non si possono definire a rischio secondo i rigorosi criteri utilizzati per la rilevazione”.
Anche i dati di Legambiente hanno certificato che “il problema della gestione illecita dei rifiuti pericolosi non può considerarsi circoscritto alla sola Campania, che, con il 12,4% delle infrazioni nazionali accertate nel ciclo dei rifiuti, 1.070 denunce e 402 sequestri, si pone al secondo posto a livello nazionale dopo la Puglia. I dati e i risultati dell’attività di monitoraggio e contrasto delle Forze dell’ordine e della Magistratura indicano inoltre che nessuno dei nostri territori è immune dal problema”.